VISIO Next Generation Moving Images, in mostra alla Strozzina

VISIO. Next Generation Moving Images, la mostra organizzata da Lo Schermo dell’Arte, rimarrà in programma alla Strozzina fino al 20 dicembre 2015.

Nello spazio per le esposizioni contemporanee, si succedono 12 opere di altrettanti artisti:  sono i lavori degli under 35 che hanno partecipato alla 4° edizione del programma europeo dedicato ai giovani creativi delle immagini in movimento VISIO, ciclo di proiezioni, seminari e incontri teso a sviluppare un network transnazionale tra istituzioni, artisti e professionisti del settore, de Lo Schermo dell’Arte Film Festival.

La mostra, prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Lo Schermo dell’Arte Film Festival, e curata Leonardo Bigazzi, offre uno sguardo sulla produzione di film e video di una nuova generazione di artisti.

La parigina Émilie Pitoiset, occultando con delle maschere i volti dei protagonisti del suo The Third Party, ritrae coreografie surreali eseguite dagli impiegati di una banca di Francoforte.
Il connazionale Hoël Duret, con La Vie Héroïque de B.S., elabora un’opera in tre atti che si rifà, nei costumi e nelle scenografie, al design modernista e alle pubblicità e agli show televisivi americani degli anni Cinquanta.
Dalla Francia arriva anche Rebecca Digne, che nell’opera Kino-Peinture usa la pellicola 16 mm, trasportandola in digitale, per catturare lo sguardo sospeso di una spettatrice in una sala cinematografica.
Di grande impatto le esplosioni-ascensioni al rallentatore del greco Janis Rafa, protagoniste della videoinstallazione A Sign of Prosperity to the Dreamer, mentre l’inglese Dan Walwin propone con Op una visione soggettiva e suggestiva, in piano sequenza e in notturna, di luoghi insoliti e abbandonati.
Parte da Enter the Void, di Gaspar Noè, l’opera dell’italiano Alessandro Di Pietro, chiamata non a caso New Void, decostruzione strutturale della propria fonte di ispirazione.
Dalla Turchia viene Baha Görkem Yalim, che nel suo lavoro Pas de deux rievoca, con gesti e movimenti, i sintomi della sindrome da disturbo post-traumatico da stress dei reduci della Prima Guerra Mondiale.
Il georgiano Giorgi Gago Gagoshidze, nel suo It’s Just a Single Swing of a Shovel racconta, con ironia, la storia realmente accaduta in Georgia, di un’anziana signora che, tranciando un grosso cavo di rame per provare a rivenderlo, ha provocato il momentaneo blackout di due nazioni.
Interattiva e divertente la videoinstallazione della tedesca Anike Joyce Sadiq: il visitatore, sedutosi su una sedia e indossate delle cuffie davanti ad un pannello che proietta la sua ombra, attiva la sagoma scura dell’artista, che gli gira attorno e sembra osservarlo (You Never Look At Me From The Place From Which I See You).
Nel video We Are One, del camerunense LucFosther Diop, le dita di una mano spingono ad una riflessione politica: solo l’unione porta all’evoluzione.
L’altro rappresentate dell’Italia, Roberto Fassone, propone il suo Jeg Er Enorme Jævler I e II, frenetico collage di immagini pop, spezzoni di video musicali, testi, animazione 3D e filmati presi da Internet, che mettono in scena il suo mondo interiore, i vizi e le paure, e che l’artista accompagna cantando in lip syncing la colonna sonora del video.
Animazione 3D che torna, assieme all’utilizzo della grafica digitale, nell’opera, posta su un pannello installato nel pavimento, Umstülpung, del collettivo Brud (Aditya Mandayam & Ada Pola), dedicata alla forma geometrica che descrive l’inversione del cubo, in opposizione al cosiddetto spazio White Cube dell’arte contemporanea.

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