I volti e le storie dei Migranti raccontati al Festival dei Popoli

Il manifesto della 56esima edizione del Festival dei Popoli è un giubbotto salvagente, come quelli che ci siamo abituati a vedere in tv, quando le cronache ci riportano dei viaggi della speranza di chi arriva via mare verso il nostro continente. Un’immagine che vuole essere uno stimolo alla riflessione sul tema che percorre buona parte dei film proposti: i migranti, che sarà trattato dal festival in 19 film in programma.

Alì nella città – Derive e approdi dei migranti contemporanei è la sezione della rassegna che più si focalizza sull’argomento.  Flotel Europa di Vladimir Tomić (28 novembre, ore 15, Spazio Alfieri) narra l’incredibile esperienza del regista che, fuggito a Copenhagen dalla Bosnia con la sua famiglia, ha vissuto per un periodo su una piattaforma galleggiante adibita a rifugio. La mer ne nous accroche pas (2 dicembre, ore 15, Spazio Alfieri), realizzato  sulle sponde di Tangeri con dei semplici smartphone dai migranti Omar Ba e Malik Nejmi, è un film che rivela l’organizzazione e le strategie nascoste delle traversate. Ne La mort du Dieu Serpent, di Damien Froidevaux (1 dicembre, ore 17.30,  Spazio Alfieri) è esposta la vicenda della senegalese trapiantata a Parigi, Koumba, rispedita in patria in seguito ad una baruffa finita male, e costretta a vivere in esilio per 5 anni. Mr. X, richiedente asilo a Berlino, imbraccia la macchina da presa senza mai rivelare la sua identità in Napps – Memoire of an invisible man (2 dicembre, ore 19.30, Spazio Alfieri), portando all’attenzione degli spettatori i fatti del suo presente tedesco, ma anche dei campi profughi in Italia e di sua nonna in Africa Occidentale. Il regista Nicola Mai racconta invece la straordinaria storia di Samira (2 dicembre, ore 18.30, Spazio Alfieri), transessuale emigrato dall’Algeria in Francia, costretto a rinunciare alla propria identità di genere per poter tornare in Africa ad assistere il padre malato.

Immagini del verbo amare; i documentari di Mary Jimenez è il titolo della retrospettiva sull’omonima regista peruviana che vive in Belgio. Nella selezione dei suoi lavori c’è Héros sans visage (27 novembre, ore 18, Odeon), ritratto delle lotte per le proprie vite, condotte da alcuni scioperanti della fame a Bruxelles, da un giovane camerunense o dai rifugiati del campo di Choucha, in Tunisia.

Alla Matinée Senegal organizzata in collaborazione con l’Institut français Firenze domenica 29 novembre a partire dalle 11 al cinema Odeon, due saranno le proiezioni dedicate alla comunità di immigrati senegalesi del capoluogo toscano: Firenze 1990, montaggio ad opera di Malik Nejmi di filmati degli archivi di Roberto Bianchi, documenta lo sciopero della fame messo in atto nel 1990 in Piazza San Giovanni dagli ambulanti africani contro le disposizioni limitanti dell’allora sindaco Morales; I morti non sono morti, dello stesso autore, ritorna sugli omicidi di Samb Modou e Mor Diop avvenuti fra i banchi del mercato in Piazza Dalmazia il 13 dicembre 2011, alternando le immagini della preghiera collettiva a quelle della manifestazione di protesta contro il razzismo.

Nella sezione Concorso Internazionale della rassegna sono in particolar modo 4 – tutti mediometraggi – i lavori sul tema dell’immigrazione. In Babor Casanova, di Karim Sayad (2 dicembre, ore 19, e, in replica, 3 dicembre, ore 10, Odeon), due ragazzi di Algeri hanno come unica prospettiva salvifica quella di imbarcarsi per la Francia o l’Italia. Des hommes debout/Standing Man di Maya Abdul-Malak (30 novembre, ore 17 e, in replica, 2 dicembre, ore 15, Odeon) è ambientato in un piccolo Internet Point del quartiere parigino di Belleville, centro di ritrovo per immigrati, e segue le vicende di Moustafa, da molti anni anni lontano dal suo paese d’origine. L’opera di Irene Dioniso Sponde. Nel sicuro sole del Nord (3 dicembre, ore 21 e, in replica, 4 dicembre, Odeon) racconta le scelte, contestate dalle comunità in cui vivono, di Vincenzo e Mohsen, l’uno di Lampedusa, l’altro di Zarzis (Tunisia), che rendono onore ai morti in mare durante i viaggi della speranza, il primo dando loro una sepoltura cristiana, il secondo costruendo un “museo” coi loro vestiti. Il marocchino immigrato in Francia e senzatetto  Djilali, è invece al centro di Une partie de nous s’este endormie, di Marie Moreau (2 dicembre, ore 17.30 e, in replica, 3 dicembre, ore 10, Odeon).

Tra gli eventi speciali, l’omaggio a João Matos, con la proiezione di Bab Sebta/Door of Ceuta (4 dicembre, ore 15, Odeon), è da inserire a pieno diritto nella lista delle opere che parlano di migranti. La porta di Ceuta (Bab Sebta) è infatti quella che i registi Frederico Lobo e Pedro Pinho attraversano per raggiungere il cuore dell’Africa da cui inizia il viaggio dei migranti, carico di aspirazioni e coraggio, ma anche disperazione e violenza.

In Panorama, i migranti sono protagonisti nei film Loro di Napoli, di Pierfrancesco Li Donni (29 novembre, ore 20.30, Spazio Alfieri), e Su campi avversi, di Andrea Fenoglio e Matteo Tortone (1 dicembre, ore 21, Spazio Alfieri). Nell’opera di Li Donni l’Afro-Napoli, squadra di migranti di seconda generazione, punta ai campionati federali, ma deve scontrarsi coi problemi legati ai permessi di soggiorno e i certificati di residenza di alcuni suoi giocatori. Nel primo dei due episodi di cui è composto il lavoro di Fenoglio e Tortone, chiamato Il campo, si osservano i corpi e i movimenti straniti di migranti subsahariani in cerca di lavoro.

In De correspondent, sezione di corti d’inchiesta, troviamo Shipwreck Lampedusa, dell’olandese Morgan Knibbe (3 dicembre, ore 21, Odeon), che ha dato voce ad Abraham, uno dei pochi sopravvissuti al naufragio del barcone di migranti, costato più di 300 morti, avvenuto sulle coste dell’isola siciliana nell’ottobre del 2013.

Ultima nota per L’Escale/Stop-Over, di Kaveh Bakhtiari (29 novembre, ore 16.30, Institut français Firenze), della selezione ACID del festival, che parla di Amir e dei suoi compagni di avventura, che in angusto appartamento di Atene,  terra di “scalo”, attendono i documenti falsi che spalancheranno loro le porte dell’Europa, verso un futuro ignoto e forse impietoso.